“L’eritritolo può aumentare il rischio di ictus”.
Titoli così fanno presa, certo. E lo studio pubblicato da Berry e colleghi sul Journal of Applied Physiology nel 2025 ha offerto lo spunto perfetto per rilanciare l’allerta.
Ma basta leggerlo con occhio clinico e scientifico per rendersi conto che siamo di fronte, ancora una volta, a un tipico caso di hypothesis-generating data trasformato in fake certainty.
Parliamo di uno studio condotto solo in vitro, su un’unica linea cellulare, con un’unica dose acuta di eritritolo e con nessun confronto con altri dolcificanti. Eppure, il messaggio che è passato è: “l’eritritolo danneggia i vasi cerebrali”. Vediamo perché non è corretto.
1. Il modello sperimentale è estremamente riduttivo
La linea cellulare utilizzata, hCMEC/D3, è un modello umano di cellule endoteliali cerebrali, utile per simulare alcune proprietà della barriera ematoencefalica.
Ma attenzione: queste cellule crescono su piastre, isolate da ogni forma di contesto biologico. Nessun metabolismo, nessun sistema immunitario, nessuna barriera, nessuna escrezione. Un ambiente puramente artificiale.
Il trattamento? Un’unica esposizione a 6 millimoli per litro di eritritolo per 24 ore, corrispondente — secondo gli autori — al consumo di una lattina di bevanda contenente circa 30 g di eritritolo. Nessuna conferma che tale concentrazione venga davvero raggiunta in vivo, né che si mantenga per 24 ore nel microambiente endoteliale cerebrale.
È come osservare un pesce rosso in una boccia d’acqua e trarre conclusioni su come si comporterebbe nell’oceano.
2. L’eritritolo viene assorbito e eliminato, non si accumula
La farmacocinetica dell’eritritolo è ben nota.
Una volta ingerito, viene assorbito per diffusione passiva nell’intestino tenue, non viene metabolizzato, e viene eliminato in forma invariata nelle urine in oltre l’80–90% dei casi entro 24 ore (Mazi et al., 2023). La quota residua non mostra attività biologica rilevante.
Inoltre, non esiste alcuna dimostrazione che l’eritritolo riesca a superare in modo significativo la barriera ematoencefalica, tantomeno in concentrazioni tali da interferire con l’endotelio cerebrale.
Uno studio (Meyer-Gerspach et al., 2022) ha mostrato variazioni nella connettività cerebrale dopo assunzione di dolcificanti, ma si trattava di effetti indiretti, verosimilmente mediati da segnali ormonali o vagali.
3. Le alterazioni osservate sono modeste e compensatorie
Lo studio mostra un aumento della produzione di ROS intracellulari e una modifica della fosforilazione dell’eNOS (riduzione di Ser1177 e aumento di Thr495), associata a un lieve calo della produzione di ossido nitrico (NO) e a un aumento di endotelina-1 (ET-1) e big ET-1
Ma non vi è evidenza di:
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citotossicità,
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infiammazione endoteliale (nessun dato su IL-6, TNF-α, VCAM-1),
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danno strutturale o perdita di integrità della barriera,
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apoptosi o necrosi cellulare.
Anzi, si osserva una risposta adattativa con aumento degli enzimi antiossidanti SOD-1 e catalasi. Il che suggerisce che, sebbene ci sia una stimolazione dello stress ossidativo, le cellule sono perfettamente in grado di reagire e bilanciare il carico redox.
In termini fisiologici, è come se l’organismo ricevesse uno stimolo e attivasse una risposta protettiva. Nulla di allarmante, anzi: è il principio stesso dell’omeostasi.
4. Nessuna comparazione, nessun controllo positivo
Gli autori non hanno confrontato l’effetto dell’eritritolo con quello di altri dolcificanti (es. aspartame, sucralosio, saccarosio). Non sappiamo se questi effetti siano peculiari dell’eritritolo o condivisi da tutti i composti osmotici.
Ancora più grave: non è stato usato un controllo positivo, cioè un agente noto per causare danno endoteliale (come glucosio ad alte dosi, perossido di idrogeno o LPS), che avrebbe permesso di confrontare la magnitudo dell’effetto. Senza questo, non possiamo nemmeno stabilire se l’effetto osservato sia “forte”, “moderato” o trascurabile.
5. Lo studio epidemiologico a supporto non dimostra causalità
Lo studio di Witkowski et al. (Nature Medicine, 2023) è osservazionale. Mostra un’associazione tra alti livelli plasmatici di eritritolo e rischio di eventi cardiovascolari in pazienti ad alto rischio. Ma l’eritritolo può essere anche prodotto endogenamente, specialmente in stati di iperglicemia, stress ossidativo e disfunzione mitocondriale, attraverso la via del pentoso fosfato.
In questo caso, l’eritritolo non sarebbe la causa del problema, ma un biomarcatore del rischio cardiovascolare. Confondere marcatore e fattore causale è uno degli errori più comuni nell’interpretazione dei dati clinici. (vedi approfondimento)
6. La tossicità non è stata confermata in studi umani
Ad oggi non esiste nessuna prova clinica diretta che l’eritritolo causi disfunzione endoteliale, aumento della pressione, o rischio di ictus negli esseri umani. Né in soggetti sani, né in pazienti con diabete.
Al contrario, l’eritritolo:
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non innalza la glicemia né l’insulina,
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non fermenta nel colon (quindi non causa gonfiori né disturbi gastrointestinali come altri polioli),
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non altera significativamente il microbiota,
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non mostra tossicità epatica o renale nemmeno a dosi superiori a 1 g/kg.
L’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) lo considera sicuro, senza bisogno di fissare una soglia di assunzione massima (ADI), proprio per la sua bassa biodisponibilità metabolica e rapida eliminazione.
Conclusione? Sì, parliamone. Ma con rigore.
Il lavoro di Berry et al. è interessante. Offre spunti per approfondire più a fondo il comportamento dell’eritritolo sul piano molecolare, soprattutto nel sistema vascolare. Ma non giustifica, in alcun modo, allarmismi mediatici o raccomandazioni dietetiche restrittive.
Prima di consigliare di eliminare un composto dalla dieta, servono dati clinici solidi, possibilmente da studi randomizzati controllati, non ipotesi generate in laboratorio.
Siamo di fronte a una tipica situazione in cui il sensazionalismo supera la scienza. E se davvero vogliamo proteggere la salute pubblica, allora serve più approfondimento e meno panico.
Bibliografia
Berry AR, Ruzzene ST, Ostrander EI, et al. The non-nutritive sweetener erythritol adversely affects brain microvascular endothelial cell function. J Appl Physiol. 2025;138(6):1571–1577.
Witkowski M, Nemet I, Alamri H, et al. The artificial sweetener erythritol and cardiovascular event risk. Nat Med. 2023;29(4):710–718.
Mazi TA, Stanhope KL. Erythritol: an in-depth discussion of its potential to be a beneficial dietary component. Nutrients. 2023;15(1):204.
Meyer-Gerspach AC, Wingrove JO, Beglinger C, et al. Erythritol and xylitol differentially impact brain networks involved in appetite regulation in healthy volunteers. Nutr Neurosci. 2022;25(11):2344–2358.
European Food Safety Authority (EFSA). Scientific Opinion on the safety of erythritol (E 968) as a food additive. EFSA Journal. 2010;8(6):1650.