Quel farmaco che toglie l’appetito… ma spegne anche la voglia di vivere?

C’è un farmaco che promette di spegnere la fame. E sembra mantenerla, questa promessa. Il suo nome è semaglutide — forse lo conosci come Ozempic o Wegovy — ed è finito sulle bocche di tutti, letteralmente. Influencer, celebrità, amici e conoscenti: c’è chi lo prende per dimagrire, chi lo chiede al medico anche senza diabete, chi lo compra online.

Ma c’è una storia che gira sotto traccia, più cupa, che pochi raccontano. Ed è una storia che ora comincia a venire a galla: alcune persone che assumono semaglutide riferiscono pensieri suicidari. Sì, hai letto bene.

Uno studio appena pubblicato su JAMA Network Open — non una rivista qualsiasi, ma una delle più autorevoli in campo medico — ha analizzato milioni di segnalazioni raccolte a livello mondiale. E il dato è chiaro: chi prende semaglutide ha un rischio più alto di sviluppare ideazione suicidaria rispetto ad altri farmaci.

Un segnale che non si può ignorare

I ricercatori, guidati da Georgios Schoretsanitis, hanno passato al setaccio i dati di VigiBase, la gigantesca banca dati dell’OMS. Su oltre 36 milioni di casi, si sono concentrati su quelli legati ai farmaci della classe GLP-1 RA. E il risultato?

Il semaglutide mostrava un rischio aumentato del 45% rispetto alla media. Ma il dato più impressionante riguarda le persone che già prendevano antidepressivi o benzodiazepine: in quel gruppo, il rischio quadruplicava.

L’altro farmaco analizzato, il liraglutide, non mostrava lo stesso problema. Questo rende la questione ancora più complessa.

Non è tutta la classe di farmaci, ma solo una molecola specifica a destare preoccupazione.

Dimagrire… a tutti i costi?

La domanda è lecita. Perché persone senza diabete, senza indicazioni cliniche vere e proprie, stanno assumendo questo farmaco? La risposta è sotto gli occhi di tutti: la pressione sociale, l’ideale del corpo magro, la corsa alla trasformazione fisica veloce e spettacolare.

Solo che il corpo non è un oggetto da scolpire. È anche psiche, memoria, emozioni. Dimagrire velocemente, magari senza preparazione psicologica, può scombussolare tutto. E se una persona è fragile, magari già seguita per depressione o ansia, questo squilibrio può diventare pericoloso.

Il cervello, la fame e la dopamina

Il semaglutide agisce su un recettore chiamato GLP-1. Sì, serve a tenere sotto controllo la glicemia, ma non solo: arriva al cervello, riduce la fame, cambia la percezione del cibo, del piacere, forse anche dell’umore. È qui che si accende il campanello d’allarme.

Le aree cerebrali coinvolte — l’insula, l’ipotalamo, il mesencefalo — sono le stesse che gestiscono la motivazione, la ricompensa, la sofferenza. Se alteri questi meccanismi in una persona vulnerabile, cosa succede? È questo che oggi la scienza sta cercando di capire.

Il fatto che oltre il 60% dei pazienti abbia visto scomparire i pensieri suicidari dopo aver smesso il farmaco è un indizio pesante. Non è una prova, certo. Ma un segnale forte sì.

I medici lo avevano previsto? No

C’è un motivo se i grandi studi clinici iniziali sul semaglutide escludevano i pazienti con depressione, disturbi d’ansia o precedenti tentativi di suicidio. Non per ignorarli, ma per non complicare i dati. Ora però quei pazienti lo usano eccome, spesso senza il supporto adeguato.

E allora? Serve fare un passo indietro e rivedere il modo in cui pensiamo a questi farmaci. Sono strumenti potenti, e come tutti gli strumenti potenti, vanno usati con giudizio. Non sono pillole magiche. Non sono cosmetici.

Come riconoscere un pensiero che può diventare pericoloso

Se tu o qualcuno vicino a te sta assumendo un farmaco per dimagrire — semaglutide o altro — e noti uno di questi segnali:

  • improvvisa chiusura emotiva, ritiro sociale

  • discorsi su “non valere nulla” o “essere un peso”

  • calo del sonno, nervosismo inspiegabile

  • pensieri ricorrenti legati alla morte o al suicidio

non ignorarli. Non aspettare che passino da soli. Parlane. Con un medico, con uno psicologo, con qualcuno che sappia ascoltare. In Italia esiste il Telefono Amico: chiama l’800 860 022. Anche solo per parlare. Funziona.

Per chi prescrive: una nota rivolta ai medici

In caso di pazienti a rischio psichiatrico — o anche solo emotivamente fragili — è importante:

  • fare uno screening psichico iniziale, anche solo con poche domande mirate

  • spiegare cosa aspettarsi nei primi mesi

  • coinvolgere la famiglia o il caregiver, se presente

  • evitare il “proviamo e vediamo”, soprattutto in uso off-label

Ricordiamoci che l’effetto collaterale più temuto non è l’alitosi, ma la disperazione.

Bibliografia

Schoretsanitis G, Tiihonen J, et al. Suicidality and Glucagonlike Peptide 1 Receptor Agonists in Adults. JAMA Netw Open. 2024;7(8):e2421774.

EMA. GLP-1 receptor agonists and suicidal thoughts. European Medicines Agency, 2023.

FDA. Drug Safety Communication: FDA evaluating risk of suicidal thoughts with GLP-1 receptor agonists. July 2023.