Amido resistente di tapioca: ciò che i prodotti (pseudo)chetogenici non dicono

Immagina di prendere un cornetto o un pane “ketogenic friendly”, con la scritta “net carbs bassi”, “adatto alla chetosi”. Poi guardi l’etichetta e trovi tra gli ingredienti un amido resistente di tipo 4 (RS4) — spesso derivato da tapioca o mais — e magari pensi: “Bene, carboidrati ridotti, posso star tranquillo”. Ma… le cose non sono così semplici.

 

Cos’è l’RS4 e perché viene usato nei prodotti “cheto”

L’RS4 è un amido modificato chimicamente. (vedi articolo)  Nel caso più comune (soprattutto con tapioca) la modifica è la fosforilazione reticolante con sali di fosfato (STMP, STPP), che introduce ponti fosfodiestere (–O–PO₂–O–) tra le catene glucidiche e ne riduce la suscettibilità all’α-amilasi. 
Questa tecnologia è ampiamente applicata all’amido di tapioca, di per sé estremamente digeribile per l’elevata quota di amilopectina (≈ 85%).
La fosforilazione è quindi quasi sempre la scelta industriale per produrre RS4 da tapioca (Fuentes-Zaragoza et al.).

L’EFSA classifica questi composti come phosphated distarch phosphate (E1413-E1414) e stabilisce un limite massimo di fosforo legato dello 0,4 % sul secco (EFSA Journal 2010).
Per i produttori, l’RS4 rappresenta una soluzione pratica: è neutro nel gusto, resistente al calore e può essere dichiarato “fibra funzionale” nei valori nutrizionali.

Perché un prodotto con RS4 può non essere davvero chetogenico

La dieta chetogenica richiede una restrizione rigorosa dei carboidrati disponibili, così da innescare la produzione di corpi chetonici.
Ma gli RS4 — pur resistenti — non sono totalmente indigeribili.

-Residuo digeribile – Anche gli RS4 più reticolati non sono realmente “a impatto zero”. Lo studio di Haub et al. dimostra che la sostituzione dell’amido convenzionale con RS4 riduce la glicemia postprandiale, ma non la annulla. In termini pratici, questo significa che una quota di glucosio continua a essere assorbita, sufficiente – in protocolli chetogenici stretti – a interrompere o attenuare la chetosi se l’alimento viene consumato regolarmente.

-Fermentazione colica – La frazione non digerita non è “inerte”: viene fermentata nel colon a acidi grassi a catena corta (SCFA) come acetato e butirrato, fornendo circa 2 kcal/g (Lockyer & Nugent). In un contesto di chetosi, questi metaboliti possono ridurre lievemente la produzione epatica di corpi chetonici, agendo come substrati energetici alternativi al β-idrossibutirrato. È un effetto sottile, ma che in una VLCKD terapeutica può spostare l’equilibrio metabolico.

-Effetto insulinico residuo – nel trial di Steele et al., l’aggiunta di RS4 (Fibersym® RW) a una barretta attenuava la risposta insulinica rispetto al controllo, ma non la eliminava. Anche piccole oscillazioni insuliniche sono incompatibili con una chetosi stabile, perché l’insulina è il principale ormone anti-chetotico: basta un modesto incremento postprandiale per ridurre la produzione epatica di corpi chetonici per alcune ore.

-Variabilità del contenuto “net-carb” – Come mostrato dallo studio di Du et al., l’effetto glicemico di alimenti contenenti RS4 è estremamente variabile: alcuni prototipi non alterano la glicemia, altri la elevano in modo misurabile. Questo riflette differenze di processo (grado di reticolazione, umidità, temperatura), e implica che non esiste un valore fisso di “carboidrati netti” per gli RS4. In altre parole, un prodotto dichiarato “0 g net carb” potrebbe comunque fornire glucosio sufficiente a far uscire dalla chetosi.

Ne risulta che definire “chetogenico” un alimento solo perché “a basso tenore di carboidrati disponibili” è un errore: parte dell’RS4 può comunque fornire energia e glucosio, alterando la chetosi.

La questione nascosta del fosforo legato

La reticolazione fosfatica lascia nel polimero una piccola quota di fosforo legato (entro lo 0,4%). In sé è ammesso e ritenuto sicuro; il punto è la somma: prodotti “cheto” consumati ogni giorno, altri additivi fosfatici nella dieta, apporto proteico alto… il carico totale può salire.

L’EFSA, nella riesamina 2019 dei fosfati, segnala che nei forti consumatori di alimenti processati l’esposizione può avvicinare o superare la DGA proposta, e raccomanda attenzione ai gruppi a rischio.

Fosforo e salute renale-ossea

Un eccesso di fosfati nella dieta stimola la secrezione di FGF-23 e riduce la vitamina D attiva (calcitriolo), favorendo alterazioni del metabolismo minerale e calcificazioni vascolari (Block GA et al.).
L’EFSA 2019 (Journal 17 (6) : 5804) avverte che nei forti consumatori di alimenti processati l’apporto complessivo di fosfati può superare la DGA di 40 mg/kg die.
Chi segue una chetogenica  — già ricca di proteine e fosforo endogeno — può facilmente oltrepassare questa soglia, specie se consuma quotidianamente prodotti “cheto” contenenti RS4 di questo tipo.

Microbiota e fermentazione: un equilibrio delicato

Gli RS4 fosforilati hanno un comportamento fermentativo diverso dagli amidi resistenti naturali (RS2, RS3).
Nel lavoro di Bird et al., la fermentazione di RS4 da mais ha modificato la composizione batterica colica, aumentando butirrato ma anche variabilità interindividuale.
In chetosi, dove il microbiota è già adattato a un basso flusso di fibre fermentabili (Olson et al., Cell 2018), l’introduzione di una fibra artificiale e fosforilata può alterare il delicato equilibrio intestinale, con possibili effetti su comfort digestivo e permeabilità.

Il paradosso del “cheto industriale”

Molti prodotti industriali “cheto” imitano texture e sapori convenzionali grazie a ingredienti come RS4, polioli e additivi reticolanti.
Il risultato è un alimento “low-carb” sulla carta, ma non realmente chetogenico:

  • parte dei carboidrati viene ancora metabolizzata,

  • l’energia fermentativa e il carico fosforico non sono nulli,

  • e la risposta ormonale post-prandiale può variare.

Nel tempo, un consumo frequente di questi prodotti potrebbe ridurre la stabilità della chetosi e aumentare il carico minerale.

Come orientarsi

  • Leggere le etichette : amido resistente di tapioca RS4 è quasi sempre amido modificato fosforilato.

  • Non confondere “fibra” con “cheto-compatibilità” : un ingrediente può essere resistente ma non inerte.

  • Valutare la risposta individuale : misurare glicemia e chetoni dopo il consumo.

  • Particolare cautela in pazienti con nefropatie, osteopenia o rischio cardiovascolare.

Un equilibrio da ritrovare

L’amido resistente fosforilato non è pericoloso, ma non è nemmeno neutro.
Nei prodotti chetogenici, la sua presenza può:

  • ridurre la purezza metabolica della chetosi,

  • aumentare il carico di fosforo,

  • modificare il microbiota,

  • e, se assunto regolarmente, alterare l’equilibrio minerale.

La vera dieta chetogenica resta quella basata su alimenti naturali, grassi di qualità e fibre vegetali.
Le versioni “industrialmente ottimizzate” andrebbero interpretate con prudenza scientifica, non come scorciatoie metaboliche.

Bibliografia

Fuentes-Zaragoza E et al. Resistant starch as functional ingredient: a review. Food Research International 2010; 43(4):931-942. DOI: 10.1016/j.foodres.2010.02.005

European Food Safety Authority. Re-evaluation of phosphated distarch phosphate (E 1413) and acetylated distarch phosphate (E 1414). EFSA Journal 2010; 8(5):1772. DOI: 10.2903/j.efsa.2010.1772

Haub MD et al. Different types of resistant starch elicit different glucose responses in humans. J Am Coll Nutr 2010; 29(6):616-623. DOI: 10.1080/07315724.2010.10719899

Lockyer S, Nugent AP. Health effects of resistant starch. Nutrients 2017; 9(2):127. DOI: 10.3390/nu9020127

Du J et al. Effects of a food prototype containing resistant starch type 4 on postprandial glycemic response in healthy adults. Food Funct 2020; 11(4):3697-3706. DOI: 10.1039/C9FO02674F

Steele EM et al. Glycemic and insulinemic responses of healthy humans to a nutrition bar with or without added Fibersym® RW, a cross-linked phosphorylated RS4-type resistant wheat starch. Int J Environ Res Public Health 2022; 19(21):13804. DOI: 10.3390/ijerph192113804

EFSA (2010) – Scientific opinion on the safety of “phosphated distarch phosphate” (E1413/E1414). EFSA Journal 8(5):1772. DOI: 10.2903/j.efsa.2010.1772

Block GA et al. Mineral metabolism, mortality, and morbidity in maintenance hemodialysis. Am J Kidney Dis 2004; 43(5):939-946. DOI: 10.1053/j.ajkd.2004.01.017

Uribarri J, Calvo MS. Hidden sources of phosphorus in the typical American diet: does it matter in nephrology? Adv Nutr 2013; 4(4):542-553. DOI: 10.3945/an.113.003178

Bird AR et al. Resistant starch, large bowel fermentation and a broader perspective on colonic health. Br J Nutr 2007; 97(5):940-948. DOI: 10.1017/S0007114507657940

Olson CA et al. The gut microbiota mediates the anti-seizure effects of the ketogenic diet. Cell 2018; 173(7):1728-1741.e13. DOI: 10.1016/j.cell.2018.04.027